Esasperazione da neve

Neve, privilegio e offesa senza difesa. Un manto  che assimila le linee del paesaggio, crea spettacolo. Poi, dopo la meraviglia, i guasti. Che trovano questo paese sempre inadeguato. Sempre- è il segnale del torto. Va sempre così. Inadeguatezza stazionaria. Incapacità collaudata. Che genera il sentimento sterile e sterilizzatore, la rabbia. Che morde.  Dentro e fuori. Rabbia contro un’ordinanza che puzza di deresponsabilizzazione e di manchevolezza, piuttosto che cautela. Rabbia contro i disagi che fanno e ci fanno sentire sempre dimezzati, soli tra i soli. Una rabbia corrosiva che dopo tanti disservizi è difficile cauterizzare, perché ormai ha assunto i tratti dell’esasperazione. E si può ribattere che è ingiustificata,  un rimasuglio di bile del caffè al bar, eppure le percezioni la rifocillano. Non si tratta più di avere ragione, ma di saper far valere il proprio torto: questa è la partita.  E chi ha ragione deve saper gestire la propria ragione, altrimenti cade sull’altra sponda. Chi ha torto perché rimastica bile da caffè deve far valere il proprio torto perché se non sa rivendicarlo non lo trasformerà mai in ragione. Questa è la seconda partita. La tragedia che sta nel mezzo non è la neve, ché la neve si scioglie. La tragedia è l’insofferenza dei cittadini di cui gli amministratori si accorgono perché nella loro visione hanno torto per cui con bontà si riservano di agire con azioni lenitive. La tragedia è che quel Palazzo diventa sempre più una torre d’avorio inaccessibile, che respinge l’insofferenza dei cittadini. La tragedia è che ad un certo punto chi ha torto si confonde con chi ha ragione.

 

FEDE T.

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