Appuntamento con “Veleni nel piatto”. Intervista alla dottoressa Lucia Fontana

Giovedì 11 agosto 3° evento dell’estate di Pescasseroliew con la proiezione del reportage “Veleni nel piatto“. Interverranno l’autore, il giornalista Alessandro Gaeta e la dottoressa Lucia Fontana,medico specialista in Scienza delle alimentazione e nutrizione clinica, con master universitario  di Diabetologia. Dopo l’intervista ad Alessandro Gaeta abbiamo rivolto alcune domande alla dottoressa Fontana.
Sull’insorgenza del diabete pesa più la predisposizione o le abitudini di vita?
In Italia come a livello mondiale assistiamo ad una impennata dei casi di diabete, si parla di circa 3 milioni di persone, strettamente correlata al cambiamento di stile di vita. Un aspetto sociale da tenere a mente è legato alla scarsa disponibilità  economica che rappresenta l’altra faccia della medaglia dell’obesità: non solo si mangia di più, ma si mangia anche peggio, a fronte di una progressiva riduzione del dispendio energetico per abitudini più sedentarie. Ne consegue un aumento dell’ eccesso ponderale che fa da innesco su una tendenza geneticamente ereditata a sviluppare il diabete.
Il diabete è correlato al grasso?
L’eccesso ponderale e il grasso corporeo, soprattutto la presenza di obesità viscerale, rappresentano importanti fattori di rischio per la comparsa del diabete. Se pensiamo che è sufficiente una misurazione della circonferenza vita per verificare il rischio metabolico di una persona.
Quanto pesano altre condotte di vita, come fumo, alcol, stress…?
Si tratta di aspetti da non trascurare, considerando l’elevato rischio cardiovascolare rappresentato dal diabete. L’astensione dal fumo, (qui devo dire che è drammatico e folle che possiamo pensare di ottenere risultati in ambito di prevenzione se si fuma una sigaretta dopo avere letto “il fumo provoca il cancro” ) la riduzione dell’alcol, come fonte calorica e non solo (basti guardare quanto è diffuso il consumo anche nei nostri giovani) possono contribuire all’adozione di condotte di vita più salutari. Lo stress rappresenta un aspetto a parte, e contribuisce attraverso meccanismi che mettono in gioco i cosiddetti “ormoni della contro regolazione” all’aumento della glicemia. Molto spesso, proprio in concomitanza con un evento stressante, di allerta  per il nostro organismo si fa diagnosi di diabete.
Alimentazione e sport possono fungere da farmaci?
Un cambiamento dell’alimentazione, in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi, con scelte sempre più proiettate verso il “safe in” rappresentano il primo fondamentale strumento terapeutico. Non da meno l’attività fisica, sia essa di tipo  organizzato che di tipo amatoriale, è una strategia fondamentale per contribuire al calo ponderale e alla promozione di uno stile di vita attivo, migliorando non solo i i parametri metabolici, ma contribuendo alla riduzione del rischio cardiovascolare così elevato in presenza di diabete.
Ci sono oggi nuove tecnologie per rendere meno complessa la gestione della malattia?
Sicuramente con l’avvento di nuovi strumenti tecnologici la malattia diabetica ha fatto uno straordinario passo avanti. Basti pensare a strumenti come i microinfusori insulinici, piccole ‘”pompe” in grado di iniettare in continuo insulina consentendo un controllo più accurato della malattia, nei pazienti con Tipo1 e nei pazienti insulino-trattati, o ai device in mano ai pazienti come gli apparecchi per il controllo domiciliare dello zucchero nel sangue capillare. L’accuratezza, la facilità della determinazione, la capacità di interfacciarsi con i pc e i telefoni, rendono più agevole la gestione di questa malattia cronica e più consapevole la persona con diabete.
A volte facciamo le analisi e non ci sono “asterischi”. Dobbiamo comunque seguire una dieta più sana, magari facendo rinunce?
Purtroppo l’ assenza di asterischi sugli Esami ematochimici, non è sempre la garanzia di una assenza di malattia. Basti pensare alle innumerevoli e sempre più presenti sostanze chimiche che assumiamo attraverso gli alimenti e bevande, e per quali non esiste possibilità di controllo su quantità assunte e accumulate nel nostro organismo o monitorare effetti progressivi di tossicità. Più che rinunce empiriche, a volte non giustificate, sarebbe meglio assicurarci con una maggiore consapevolezza un cibo sano, attraverso la scelta di alimenti della nostra tradizione, non raffinati, sicuri, soffermandoci sugli aspetti di qualità e sostenibilità ambientale, ma anche economica  della filiera di produzione, che deve sempre più avere le caratteristiche di trasparenza e certificazione.
Grazie alla dottoressa Fontana.
Vi aspettiamo giovedì!
FEDERICA TUDINI
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