Elezione minipresidente del Parco: vince Gaetano Sacco e altri 60!

Associamo il senso civico al senso della legge. Il senso civico è prima di tutto il senso di “umanità”. Un cittadino è sempre prima di tutto un uomo, solo con uno stato formale diverso da chi non ha diritti e doveri. E quella dei minisindaci dei Parchi, dalla Sicilia alla Toscana, è stata una lezione del vero senso civico, del senso di umanità. Sono belli i bambini, sono la Grande Bellezza di ogni dove. Sono belli nel loro disordine, nel loro chiasso. Nelle scalpicciate tra di loro mentre attendono il turno al voto. E poi ognuno, con la sua fascia tricolore, in fila, appresso all’urna si fa serio. Si fa cosciente che quella scatola è una scatola di Aladino, realizza un sogno e quindi è =destino. In quel momento sono tutti Fratelli d’Italia, alla prima prova della libertà, della proposta non ancora macchiata dalla bugia. Il foglio A4 con il programma di mandato? Non serve. Forse hanno già presentito che quello tradisce, anche il motto per il quale quello che è su carta canta e resta. Preferiscono la parola “impegno” a quella di “promessa”, qualcosa che si comincia oggi, contro quello che si rimanda a domani.

Ma il loro programma è la loro vita, pura e vergine, quando hanno ancora quella caratteristica che spesso i politici perdono: l’emozione. Inizia la conta terribile, quella che per chi vince è addizione e per chi perde è tutta nel segno meno.  Tra i 60 minisindaci e miniassessori Gaetano Sacco, minisindaco del Gargano, classe 2002 e Francesco Castelli, minisindaco di Gratteri, corrono in parallelo fino alla fine. Poi le ultime trentuno schede, fino allo smacco delle ultime due, quelle che ti sembrano determinanti e ti dimentichi che fanno parte di un mucchio, e non consegnano una sorte ma sono esse frutto del destino di essere spogliate per ultime. Non è colpa di quelle due schede se Francesco Castelli ha dovuto riconoscere la vittoria di Gaetano Sacco. È merito di quelle due schede, di quello “scarto”, di quella differenza che poi è diventata vicinanza, se Francesco e Gaetano hanno capito che alla base di ogni mandato c’è sempre un patto tra due parti. Il patto sigillato dalla stretta di mano, e quindi dal venirsi incontro. Per questo negli ultimi momenti, si dice sportivamente, io dico civilmente, i due si promettono sostegno a vicenda, comunque vada. La promessa, anzi l’impegno,  ad esserci, nel sostegno e nel controllo. Quant’è bella la politica dove tutto si conclude con una stretta di mano, un abbraccio e non con un contratto che rende veleno anche una promessa. Seguono le premiazioni ai vari istituti per alcun prove concorsuali. La quatto-giorni si chiude con il coro delle Voci Bianche di Pescasseroli. I minisindaci non sono i prototipi delle cariche istituzionali del domani. Sono l’esempio di ciò che si può fare oggi. Che lo stato e la politica puri non sono nei palazzi, ma nella vita quotidiana. Basta che ci stringiamo la mano, che diciamo “mio” e “tuo”, che stabiliamo le regole del gioco e già quella è politica. La campagna elettorale non riparte subito in attesa della replica dell’evento il prossimo anno a Peschici nel Gargano.

FEDERICA TUDINI

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