“La terra delle donne” nella terra degli orsi. Con l’ospite Paola Sini

Al Bari International Film Festival la regista Marisa Vallone e la sua squadra sono passati all’incasso facendo incetta di premi con la pellicola “La terra delle donne”. Svetta tra tutti l’attrice protagonista Paola Sini che agguanta il premio “Premio Mariangela Melato” come miglior interpretazione femminile. La stessa Sini sarà ospite regina a Pescasseroli domenica 2 luglio ore 17:30 presso il cinema Ettore Scola, voce fuori campo per illustrare il prodotto. La produzione dell’opera prima della Vallone è stata avviata stringendo la cinghia. Ma poi si sono rotti gli argini e ne è scaturita una sinfonia di caratteri e simboli magistrale.

Fidela (Paola Sini)è una “coga”, la strega designata, punita dall’infertilità, ricompensata dalla stregoneria che le garantisce il vero pane quotidiano: un ruolo sociale. Gli svolazzi della macchina da presa si inceppano sulle atmosfere sature di magia e quella natura su cui sembra gravare il pregiudizio di Leopardi: madre o matrigna? Sicuramente siamo difronte ad un cosmo resistente, matrice di poesia.

La Sardegna rimase tagliata fuori dall’Odissea di Ulisse: Circe e Calliope erano su altre sponde. Nella Storia l’isola ha subito una “congiura del silenzio”, quasi fosse un aborto del mare. Lo stesso mare che oggi invece la espelle e la fa scartavetrare dal vento impetuoso. Trova patriote sue, senza baionette ma con i fianchi arrotondati e le elegge a ventriloque. Chissà che non sia stata questa matrigna matriarca, a volte persino megera, ad impetrare che il riscatto dell’esilio nel mare venisse dal cinema. Quella mano aperta a ricevere il cielo che è la Sardegna non stringe in pugno le donne che la popolano, che siano eteree o fattucchiere. Questa volta gli uomini sono solo presenze ancillari, scaraventati contro i cannoni, mentre le fanciulle sono fameliche nell’accaparrarsi i primi piani, avocando a sé l’onore della telecamera. Donne, aspiranti madri, che sono archi in tensione e frecce da scoccare per ottenere la benedizione di un figlio che faccia del loro grembo una cripta, rifugio protetto per il loro sentire che è fiato ansimante. Siamo nel fondo di un calderone, bruciante di superstizione, che sembra popolato da fauni e gorgoni. Sfila una teoria di donne con il loro fagotto e dentro un solo sogno: il matrimonio, calvario e paradiso insieme. È il peccato dell’immaginazione povera. Eppure questo mondo ancestrale vede aprirsi delle crepe che lo rendono non più così granitico.

“La terra delle donne” è stato definito un film femminista: non può esserlo, non è tinto di rosa, di luce, è fuligginoso. È il film di quella che l’attrice Paola Sini che si incarna in Fidela definisce “sardità”. È radiografia di tutto lo spettro dei significati della maternità, concetto che non è sapienza filosofica, ma sicuramente e genuinamente popolare. Perciò nel film il grembo è un’ossessione, è la gabbia che si chiude su tutto eppure non è mai abbraccio: unica sconfitta della pellicola.

 

FEDERICA TUDINI

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